Nelle mie opere rappresento ciò che affiora alla mia coscienza e con delicatezza cerco di portare in una zona più luminosa. Possono essere sogni notturni o ad occhi aperti, brani di letture amate, echi di musiche e parole, frammenti di storie altrui che vengono ad interrogarmi o che mi colpiscono come folate di vento,la rappresentazione di miti ed archetipi universali. I temi che ricorrono più di frequente sono le simbiosi essere umano/animali ed essere umano/natura, i cosmi e le galassie, le storie di “ricerca” del proprio sé. Benchè la mia iniziale espressione artistica sia stata fortemente influenzata dal Surrealismo di Dalì, Magritte e Delvaux, nel corso degli anni la mia poetica si è fatta via via più intimista, più aderente al mio percorso di ricerca interiore e spirituale.
My works represent what emerges to my conscience and gently try to bring in a more bright area.
They may be dreams at night or with open eyes, pieces of popular readings, echoes of music and words, fragments of other people’s stories that came to question me or hitting me as wind gusts, the representation of myths and universal archetypes.
The themes that recur most frequently are the symbiosis human/animal and human/nature, the cosmos and galaxies, the research stories of the self.
Although my initial artistic expression was strongly influenced by the surrealism of Dalì, Magritte and Delvaux, over the years my poetic is made gradually more intimate, closer to my way of inward and spiritual quest.
INTERVISTA A NADIA RUSSO di Roberta Facchin – Marzo 2013, In occasione della Personale “ Cosmi e Galassie”
1) Cara Nadia, l’intervistatore dovrebbe, forse, essere neutro e obiettivo nei confronti dell’intervistato, ma l’alta qualità tecnica della tua pittura, dopo aver visitato il tuo studio, suscita un’immediata passione, al di là dei contenuti e della appartenenza a una corrente artistica. Tu hai studiato pittura a Milano. Come era l’ambiente artistico di quei tempi? Quanto contava la bella pittura?
Mi sono sempre ritenuta fortunata, perché fin dal liceo artistico ho avuto il privilegio di avere alcuni fra i maestri della pittura italiana del Novecento quali i chiaristi De Rocchi e De Amicis, per non parlare di Bartolini(Ugo Vittore) , Lanaro e dello scultore Trazzi, che mi hanno dato con le loro personalissime impronte, un supporto tecnico /artistico che si è poi rivelato cruciale per il mio personale percorso artistico. Poi ho avuto, come insegnante di storia dell’arte, il grandissimo Raffaele de Grada, uno di quei professori che quando parlava, o sarebbe meglio dire narrava, incantava letteralmente. Un altro insegnante è stato Zeno Birolli, che come saprai è figlio del veronese Renato Birolli tra i fondatori del movimento “Corrente”. La Milano degli anni settanta era il crocevia europeo delle avanguardie artistiche, ma anche il luogo in cui incontravi per via a Brera Guttuso e Cantatore, Aligi Sassu e Treccani, poi Emilio Tadini e Minguzzi… insomma l’elenco sarebbe lunghissimo. Tutto questo per dirti che la Pittura , come io la intendo, era tutta lì ed aveva ancora una posizione di assoluto rilievo per la cultura e la vita quotidiana.
2) Quali erano i temi e le discussioni dei surrealisti italiani? Tu eri allieva di un surrealista a sua volta allievo di Dali’.
Mentre frequentavo scenografia all ‘Accademia di Brera avevo l’urgenza di dipingere e mi necessitava un posto dove farlo. Telefonai ad un mio professore di Liceo che mi segnalò un grande atelier di un famoso surrealista italo/americano. Francamente non lo avevo mai sentito nominare, ma mi presentai e fui ammessa: allora esistevano ancora le cosiddette “botteghe”, come quelle del Rinascimento, ed io approdai proprio in una di quelle! Non ci potevo credere, era tutto quello che potessi desiderare: il mondo che mi si spalancò era perfettamente consono alla mia natura, venivo a contatto con una poetica, quella del surrealismo che era già nel mio DNA, se così si può dire. La meraviglia fu doppia quando cominciai a rendermi conto che il maestro d’Onofrio “aveva respirato l’aria che respirava Dalì”, nel senso che essendone stato allievo , cercava con estremo rigore e passione di trasmettercene la lezione. Ora tu mi chiedi dei surrealisti italiani, io non sono in grado di dirti niente in proposito, nell’Atelier D’Onofrio noi lo facevamo sulle tele il surrealismo e per quella che fu la mia esperienza, lì non aveva nazionalità.
3) Dopo tanti anni, qual è il filo che ti lega alla tua scuola e in che cosa, invece, ti senti diversa?
Pratico la pittura da trentacinque anni , ma sono rimasta una dilettante. E’ vero che le mie prime opere erano fortemente legate al surrealismo più classico, quello di Dalì, appunto, o se vuoi di Delvaux, ma in seguito, parallelamente alla ricerca spirituale, la pittura si è mossa su piani più sottili, voglio dire che se prima l’universo pittorico ruotava attorno all’inconscio, oggi è il risveglio della Coscienza a dettare il mio passo o almeno la tensione verso quello stato unico di presenza e totalità dell’Essere che predicano tutte le religioni iniziatiche. Così in un certo senso sono giunta ad esplorare”l’altra faccia della luna” e qui si inseriscono i temi degli ultimi anni, che vanno dalla ricerca di una matrice universale del femminile, alle Galassie di questa mostra con cui provo ad esprimere visioni della Realtà da un punto di vista “cosmico”.
4) Molti surrealisti sono convinti che attraverso l’arte si può conoscere “oltre” la realtà e attraverso questa conoscenza si può trasformare la vita e la società. Tu hai questa fiducia?
E’ chiaro che non posso certo risponderti come surrealista , ma non mi sottraggo al cuore della domanda , è troppo importante! In una battuta posso dire che se nel mondo ci fossero più veri Artisti, in tutti i campi, ci sarebbero in giro meno imbecilli e criminali a far guerre di ogni genere! Un po’ più in profondità, il mio modo di sentire va più nella direzione della coscienza personale, senza la quale non credo ci possa essere nessuna evoluzione né progresso collettivo. In un certo senso nell’artista si compie un percorso inverso rispetto alla tua domanda: mettendosi in uno stato di ascolto profondo è la Realtà ad attraversarlo lasciando frammenti di Verità che possono essere più o meno percepiti e trasformati in immagini, suoni, parole…Per cui ti dico che non ho nessuna fiducia che la conoscenza, limitatissima e parziale dell’umanità allo stato attuale, possa mai produrre alcun sostanziale cambiamento sociale. Lo vediamo benissimo in questi tempi! Ma ho altresì una convinzione profonda che l’Arte, in ogni sua espressione, apra infiniti spazi di interrogazione alla coscienza di chi sia abbastanza sveglio per accoglierla, e quindi che lì sì, ci può essere anche cambiamento.
5) La tua biografia è proprio quella corrispondente all’immaginario collettivo della vita vagabonda dell’artista: Milano, New York, Sardegna…Verona? Come mai Verona? I veronesi sono innamorati della loro città, cosi come gli stranieri ma, escluso il Romeo di Shakespeare, tutti siamo convinti che c’è mondo fuori da queste mura…
La risposta è semplice, ho sposato un veronese! Ed è verissimo al tempo stesso che al di là della bellezza sconfinata di questa città, fuori ci sono grandissimi orizzonti come ce ne sono oltre i confini di ogni luogo,ma vado spesso all’estero e per l’Italia viaggio cercando di trarre il massimo del nutrimento. Sono di indole contemplativa e questo mi aiuta a condurre una vita serena ovunque.
6) Rispondi a una domanda di riserva, che dovrebbe esserci nella vita, come nei quiz.
Cosa mi piacerebbe fare oltre dipingere? Vorrei realizzare un reportage in giro per l’Italia, un viaggio straordinario come quello fatto negli anni ’50 da Guido Piovene o da Mario Soldati per la Rai, mappare il paese di oggi non dai satelliti di Google Earth, ma dal basso, con le voci dalla “normalità “di una vita quotidiana che non conosciamo più, perché completamente anestetizzata dai media , sentire le persone in un dialogo intimo, sapere dei loro sogni di oggi, delle loro certezze o speranze, a telecamere spente!